La lettera, su carta intestata della Presidenza della Camera e firmata da Gianfranco Fini, è arrivata ai primi d’agosto al nuovo segretario amministrativo della Lega Nord, Stefano Stefani. E non ha precedenti, perchè contesta ai vertici del Carroccio di avere falsificato i bilanci del 2010 e dunque di non avere diritto ai rimborsi elettorali di quell’anno. Una ventina di righe, non di più che non hanno certo fatto piacere ai vertici del Carroccio e che sono state trasmesse dal legale di via Bellerio per conoscenza (e competenza) alla Procura della Repubblica.
I revisori della Camera infatti, presa visione del bilancio della Lega del 2010, quello già all’esame dei magistrati milanesi e firmato da tre commercialisti di provata fede padana (Diego Sanavio, ex assessore della giunta milanese di Formentini; Stefani Aldovisi, già assessore al bilancio a Monza e nel collegio sindacale del San Gerardo di Monza; Antonio Turci, ex membro della Sogemi che gestisce gli impianti annonari di Milano) hanno decretato che «non può essere considerato regolarmente redatto» secondo gli schemi indicati dalla legge numero 2 del 1997. E dato che il presupposto al finanziamento pubblico ai partiti è esattamente questo, la veridicità dei bilanci, lo stesso viene perciò «sospeso». Dunque, niente più soldi alla Lega Nord grazie alla gestione allegra dell’ex segretario amministrativo Francesco Belsito, indagato insieme all’ex segretario federale e attuale presidente Umberto Bossi e altri per truffa ai danni dello Stato. Un duro colpo per il nuovo Carroccio guidato da Roberto Maroni per un’iniziativa senza precedenti, posto che non si ha notizia di altri bilanci di partito falsificati e di conseguenti sospensioni del finanziamento, ipocritamente definito «rimborso elettorale». Per la Lega dunque si preannunciano tempi duri, venendo a mancare una buona parte dei soldi che dovevano essere versati nel 2011, ovvero 17 milioni e 547 mila euro. Anche se, la nuova gestione amministrativa, chiudendo il bilancio del 2011, considerato corretto dai nuovi revisori dei conti leghisti (Andrea Bignami, Adelini Brunelli e Alberto Penna), certifica un avanzo di oltre 12 milioni di euro oltre a investimenti per più di 20 milioni in titoli di stato e obbligazioni italiane. Sono insomma ormai lontani i tempi degli spericolati investimenti in Tanzania, delle «mancette» mensili a colpi di 5000 euro per i figli del Senatur, delle canottiere pagate a Bossi e dei soldi svaniti nella inesistente contabilità del Sinpa di Rosi Mauro. Così come quel milione e 700 mila euro erogati dalla Lega tramite assegni per i quali non è stata rintracciata documentazione a sostegno. Tutte «voci» ovviamente rilevate anche dai revisori della Camera che quindi non hanno potuto far altro che date corso alle legge, sospendendo i finanziamenti al Carroccio.
La lettera del presidente della Camera però ha anche un effetto giuridico sull’impianto accusatorio della Procura verso il quale non pochi legali nutrivano dubbi: confermando direttamente la falsificazione dei bilanci, «blinda» in un certo senso il reato contestato di truffa ai danni dello Stato attraverso i rimborsi elettorali e apre le porte a future verifiche sui bilanci di altri partiti. Ma per quanto riguarda le indagini, la circostanza a questo punto potrebbe spingere gli inquirenti, una volta analizzata fino in fondo la relazione dei consulenti tecnici incrociandola con i rilievi degli analisti della Pricewaterhouse incaricati dalla stessa Lega del dopo-Bossi, a separare l’inchiesta in due tronconi: il primo, appunto sui bilanci e le spese «pazze» della gestione Belsito, destinato a un rinvio a giudizio in breve tempo: 8 almeno gli indagati, tra cui i figli di Bossi, Renzo, detto il «trota» e Riccardo, «il pilota» e l'ex segretaria del SinPa Rosi Mauro; il secondo, sui traffici più oscuri dell’ex tesoriere e i suoi rapporti con personaggi come il veneto Stefano Bonet o il genovese Romolo considerati Girardelli legati alla ’ndrangheta nonché sospettati di riciclaggio, avviato invece verso indagini più lunghe e approfondite.
Una notizia che non ha avuto grande rilievo a suo tempo. La Lega Nord (ladroni a casa loro)è allineata con la cultura imperversante del "magna-magna" dei fondi pubblici. Quelli come me che li hanno conosciuti da vicino non si sono meravigliati del lordume che li ha visti protagonisti. E' da anni che scrivo sulle corruttele famigliari e non dei protagonisti del carroccio padano. Le vicende di famiglia Bossi & C., venute alla ribalta dopo le "confessioni" dell'autista del Trota hanno sottoscritto quello che già in molti sapevano. Non solo non devono ricevere il contributo delle spese elettorali ma i dirigenti del Carro Padano dovrebbero rispondere di falso in bilancio. Ma se non vado errato proprio una leggina varata sotto il Governo del Nano di Arcore ha depenalizzato questo istituto di garanzia dei bilanci. Come dire legge "ad personam" e "ad amicis amicorum".
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