mercoledì 20 marzo 2013

Sud, redditi più bassi della Grecia. Persi 300mila posti in 4 anni

«Abbandonato a se stesso». Il Censis non usa mezze parole per fotografare la condizione del Mezzogiorno. Non può. Lo impedisce la cruda realtà di dati, in parte noti in parte no, che certificano l’aumento del divario dal Nord e affievoliscono la speranza di ridurlo in tempi almeno medi. Redditi più bassi che in Grecia; il 60% dei posti persi (300mila) dall’inizio della crisi; una famiglia su quattro in condizione di povertà. 

E una spesa pubblica per scuola e formazione che pur essendo maggiore della media nazionale non riesce a garantire livelli di apprendimento competitivi. Ecco il Mezzogiorno 2008-2012, nel quale si continua a fuggire da sanità pubblica e università per la bassa qualità dei servizi offerti. Ma la recessione, ricorda opportunamente il Censis, c’entra solo in parte. «Piani di governo poco chiari, una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, infrastrutture scarsamente competitive, una limitata apertura ai mercati esteri e un forte razionamento del credito hanno indebolito il sistema-Mezzogiorno fino quasi a spezzarlo». 

Il Pil. Tra il 2007 e il 2012 nel Sud il Pil si è ridotto del 10% in termini reali a fronte di una flessione del 5,7% registrata nel Centro-Nord. Nel 2007 il Pil italiano era pari a 1.680 miliardi di euro, cinque anni dopo si era ridotto a 1.567 miliardi. Nella crisi abbiamo perso quindi 113 miliardi di euro, molto più dell’intero Pil dell’Ungheria, un Paese di quasi 9 milioni d’abitanti. Di questi, 72 miliardi di euro si sono persi al Centro-Nord e 41 miliardi (pari al 36%) al Sud. 

Reddito pro capite. L’Italia è il Paese con le più rilevanti diseguaglianze territoriali. Sette regioni (una in più della Spagna) hanno meno di 20mila euro di reddito pro capite. Il Centro-Nord (31.124 euro di pil per abitante) è vicino ai valori dei Paesi più ricchi come la Germania, dove il Pil pro-capite è di 31.703 euro. Al contrario, i livelli di reddito del Sud sono inferiori a quelli della Grecia (17.957 euro contro 18.454 euro).

L’occupazione. Dei 505.000 posti di lavoro persi in Italia tra il 2008 e il 2012, il 60% ha riguardato il Mezzogiorno (più di 300.000). Un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni non riesce a trovare un lavoro (in Italia il tasso è al 25%). Il tasso di disoccupazione femminile totale è del 19% a fronte di un valore medio nazionale dell’11%. I disoccupati con laurea sono in Italia il 6,7% a fronte del 10% nel Mezzogiorno.

La desertificazione. Tra il 2007 e il 2011 gli occupati nell’industria meridionale si sono ridotti del 15,5% (con una perdita di oltre 147.000 unità) a fronte di una flessione del 5,5% nel Centro-Nord. Oltre 7.600 imprese manifatturiere del Mezzogiorno (su un totale di 137.000 aziende) sono uscite dal mercato tra il 2009 e il 2012, con una flessione del 5,1% e punte superiori al 6% in Puglia e Campania.

La povertà. Calabria, Sicilia, Campania e Puglia registrano indici di diseguaglianza più elevati della media nazionale. Il 26% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno è materialmente povero a fronte di una media nazionale del 15,7%. A rischio di povertà 39 famiglie su 100 (media nazionale 24,6%). 

Scuola. La spesa pubblica per l’istruzione e la formazione tocca il 6,7% del pil contro il 3,1% del Centro-Nord, ovvero 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d’Italia (il 24,9% in più). Eppure, il tasso di abbandono scolastico è del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord, i livelli di apprendimento e le competenze sono decisamente peggiori, il fenomeno «Neet» (i giovani che non studiano, non lavorano e non cercano un impiego) supera la media Italia: 31,9%, con punte di emergenza sociale in Campania (35,2%) e in Sicilia (35,7%).

Scarica qui l'intero rapporto Censis (obbligatoria e gratuita l'iscrizione al sito del Censis):
http://www.censis.it/censis/xeditor/visual_edit/35?r=http%253A%252F%252Fwww.censis.it%252Fcensis%252Fattachment%252Fprotected_download%252F4596%253Fview_id%253D35

2 commenti:

  1. mica è vero
    c'è un buon 10% con redditi astronomici, tipo quel pensionato della regione sicula con 500.000 euri
    e poi tutta una massa di morti di fame, disoccupati e stipendiati dai boss.
    Ognuno ha quel che si merita, non per niente ogni volta lo si constatava ai risultati delle elezioni, neanche un misero voto di protesta o ribellione allo status quo, preferiscono emigrare o spostarsi in padagna
    Figuriamoci poi se voterebberoper un partito degli under 70.000
    E' gente troppo immaginifica

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  2. Abbandonato a se stesso mi sembra una gran balla. Sarebbe forse ora che i cittadini del sud riconoscano che la loro classe dirigente ha rubato soldi a go go lasciandoli alla fame (con la loro complicità) e iniziassero a rimboccarsi le maniche, cacciando a pedate nel culo tutti i parassiti forse...

    Rebel Ekonomist

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