giovedì 27 marzo 2014

Il sen. Razzi presenta un ddl per la disciplina dell'attività di operatore di assistenza sessuale

Se sei diventato il bersaglio preferito di un comico, inutile provare a replicare con altre battute, meglio far parlare i fatti. Vecchia regola che il senatore Antonio Razzi, la cui imitazione è diventata uno dei cavalli di battaglia di Maurizio Crozza, ha pensato bene di applicare alla lettera. Ed infatti si è tuffato a capo chino su codici e pandette ed ha tirato fuori un disegno di legge, il ddl 1370, appena consegnato a Palazzo Madama, che ha tutte le caratteristiche per passare alla storia.
Perentorio ed assertivo fin dalle prime battute, all'articolo unico recita: «La presente legge disciplina l'attività remunerata di operatore di assistenza sessuale (Oas)». Qui, per la verità, c'è uno scivolamento nel politicaly correct che, magari, da Razzi, uno non si aspetterebbe. Da un politico che si vanta di dire pane al pane sarebbe lecito attendersi definizioni più dirette, ma è pur vero che Razzi, in questo modo, evita, fin dall'inizio, discriminazioni, perché il mestiere di Oas deve essere aperto a tutti, uomini e donne e anche professionisti dall'identità sessuale un po' più incerta.
Come gli spazzini che sono diventati operatori ecologici, anche prostitute e gigolò forse perderebbero un po' la loro anima cambiando nome, ma qualcosa alla burocrazia bisogna pur concedere. Anche perché, come ogni professione che si rispetti, anche quella di operatore di assistenza sessuale non si potrà certo improvvisare. Bisognerà prima iscriversi al registro professionale dimostrando di essere «cittadini maggiorenni, italiani o stranieri, in possesso di apposita certificazione sanitaria». Poi bisognerà disporre di apposito studio professionale, munito di «un certificato igienico-sanitario dei locali rilasciato dalla competente azienda sanitaria locale».
Quanto all'esercizio dell'attività, questa potrà essere svolta «nella forma di ditta individuale o di società di persone o di società cooperativa». E ovviamente, siccome la pubblicità è l'anima del commercio, la si potrà reclamizzare a piacere, con inserzioni «sulla stampa quotidiana e periodica non destinata espressamente a minori» (con l'esclusione di Topolino e Prezzemolo, praticamente tutta), ma anche con «spot televisivi o radiofonici», in onda però tra le 23 e le 6 del mattino. Unico mezzo vietato, le affissioni sui muri.
Smentendo qualsiasi sospetto di compiacenza con gli evasori, Razzi, precisa i suddetti operatori dovranno rilasciare fattura o ricevuta, perché il pagamento delle prestazioni sarà tassato e quindi, chi eserciterà l'attività in forma individuale dovrà aprire «un'apposita partita Iva», senza dimenticare l'iscrizione «al regime pensionistico autonomo obbligatorio presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) e l'iscrizione presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail)», che purtroppo, in un lavoro usurante del genere, sono sempre dietro l'angolo. Anzi, «le malattie professionali inerenti l'attività di Oas», dovranno essere «riconosciute dalle competenti autorità sanitarie», e quindi «coperte mediante l'assicurazione Inail».
La sicurezza e la salute, del resto, sono le prime preoccupazioni di Razzi, che vorrebbe rendere obbligatorio l'uso del profilattico «per qualsiasi tipo di prestazione». Con l'avvertenza che «l'eventuale danneggiamento» dello strumento in questione debba «essere denunciata, da parte del soggetto esercente l'attività di Oas, alle autorità sanitarie competenti, entro il primo giorno feriale successivo all'evento, con indicazione delle generalità del cliente». Così, insomma, l'Italia potrebbe continuare ad andare a puttane, ma in piena sicurezza.

Antonio Satta

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