giovedì 27 marzo 2014

Niente da fare. Per Bruxelles il regolamento del movimento 5 stelle è carta straccia

Carta straccia, nessun valore, non applicabile. A leggere le norme che regolano la vita del Parlamento europeo, il codice di comportamento per i venturi eurodeputati a 5 stelle non ha alcuna validità.
Beppe Grillo infatti ha stabilito una serie di stringenti regole che i neo eletti dovranno impegnarsi a rispettare. Si va da una penale di 250mila euro per coloro che 500 attivisti prima e un voto sul blog poi riterranno "gravemente inadempienti", al divieto di "associarsi ad altri gruppi politici", salvo una ipotetica nuova formazione benedetta dall'ex comico e ratificata dalla rete. Si passa poi per l'obbligo di dimissioni in caso di "sfiducia" e per quello dell'assunzione di due collaboratori parlamentari da una rosa individuata dal leader e da Gianroberto Casaleggio.
L'articolo 2 di quello che tecnicamente è lo "Statuto dei deputati del Parlamento europeo" recita: "I deputati sono liberi e indipendenti. Qualsiasi accordo sulle dimissioni dal mandato prima della scadenza o al termine della legislatura è nullo". Punto. nessuna clausola che potrebbe aprire a interpretazioni di sorta, nessun cavillo al quale appellarsi. Il "contratto privato" stipulato tra Grillo e i suoi candidati diventerà inapplicabile nel momento stesso della loro elezione.
Il leader stellato parla di clausole specifiche da sottoscrivere: "Ciascun candidato del MoVimento 5 Stelle al Parlamento europeo - si legge - prima delle votazioni per le liste elettorali, dovrà sottoscrivere formalmente l'impegno al rispetto del presente codice di comportamento, con assunzione di specifico impegno a dimettersi da deputato sia in caso di condanna penale sia nell'ipotesi in cui venisse ritenuto gravemente inadempiente al rispetto del codice di comportamento e, in difetto, a versare l'importo di €250.000 al Comitato Promotore Elezioni Europee MoVimento 5 Stelle che lo devolverà ad ente benefico".
Uno "specifico impegno" che - se non bastasse il secondo articolo dello statuto - cozza fragorosamente anche con il terzo. Che, oltre a specificare che il voto degli eurodeputati è "individuale e personale", stabilisce a chiare lettere che "non possono essere vincolati da istruzioni né ricevere mandato imperativo. Qualsiasi accordo sulle modalità di esercizio del mandato è nullo".
"Quella economica è una clausola fideiussoria che non è assolutamente applicabile a norme vigenti - spiega Gianni Pittella, che a Strasburgo ricopre la carica di vicepresidente - Affinché i vincoli che Grillo farà firmare diventino operativi, i suoi eletti dovranno modificare l'attuale statuto, ma ad oggi su di esso c'è una larghissima condivisione".
Insomma: per riscuotere la tassa non basterà una firma su una carta privata tra il leader e i suoi candidati. Pittella sottolinea anche che "le nostre regole prescrivono una totale libertà di vincoli di mandato", tali per cui "il leader del M5s può chiedere il rispetto di determinati impegni, ma non può pretendere alcunché qualora uno dei suoi si comporti in maniera difforme dai precetti da lui indicati".

C'è di più. Perché anche nello specifico dello staff dei parlamentari, lo statuto di Strasburgo impedisce l'imposizione da parte della diarchia genoan-milanese di due collaboratori a testa sul fronte comunicazione (pagati dalle istituzioni europee, ovviamente). Basta scorrere fino all'articolo 21 per leggere che "i deputati hanno diritto ad essere assistiti da collaboratori personali da loro liberamente scelti".
Il Movimento si difende dicendo che non si tratta di imposizioni, ma di libere scelte personali di adesione a un codice interno. Tutto vero. Peccato che quel codice sia considerato "fuorilegge" proprio dal Parlamento europeo.

Pietro Salvatori

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